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Virgilio, da par suo, lamenta nell’uomo la auri sacra fames, l’esecranda fame dell’oro, del denaro, diciamo noi.   A cosa assistiamo di recente muovendo da questo punto di vista, quale novità produce l’antica fame? Non certo la bramosia della pecunia da parte dell’uomo che non sarà mai una novità; di abbastanza nuovo c’è il desiderio neanche tanto mal celato di trasformare la cultura in oro. E’ un fenomeno diffuso, planetario, non solo nostro domestico, per carità, ma che, muovendo dal centro (si parte sempre dalla testa) raggiunge attraverso una rete capillare le più lontane periferie. E’ di questi giorni la ‘brillante’ iniziativa del sindaco di Cosenza che vorrebbe costruire un Museo di Alarico. Che dire? E perché non mandare una spedizione sulla luna a cercare il senno di Astolfo? Qualcosa di vero, dietro la forma leggendaria, ci deve essere, che diamine!

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Render del progetto del Museo di Alarico

C’è da  meravigliarsi  che al misterioso argomento non sia stata ancora dedicato uno special televisivo condotto da qualcuno dei tanti venditori di pentole a pressione che popolano il piccolo schermo nostrano. E vogliamo parlare di Atlantide? No, meglio di non, abbiamo perso il conto.  Alarico non è una novità neanche lui, se ne cerca la tomba da epoca immemorabile, ma che si voglia costruire un Museo prima di averla trovata (se è mai esistita, ciò di cui si può ragionevolmente dubitare) è veramente senza precedenti …..allora si facciano tanti musei di Atlantide et similia come per esempio nei luoghi del passaggio di Ulisse o di Enea etc.  … l’importante è fare cassa con l’aiuto del popolo disinformato e manipolato a dovere e spinto dalla curiosità di vedere da vicino i fantasmi.  Solo due anni fa il premier greco Samaràs esclamava, convinto che il tumulo di Anfipoli fosse la tomba di Alessandro Magno: “ancora una volta la Grecia antica viene in soccorso della Grecia moderna”. Che la verità vada a farsi benedire, ma chi se ne frega della storia vera (esiste poi?),  anche la fantasia vuole la sua parte. E allora che Achille esca (ma nel film Troy!) dal cavallo (ma non era già morto?) che Agamennone muoia a Troia la notte del sacco (e chi se ne importa se poi Clitennestra non avrà nessuno da uccidere!). Ha ragione Franco Cardini a lamentarsi dei Medici in TV, invitando gli addetti ai lavori a rassegnarsi alla sconfitta. Ora mettono le mani pure su Aristotele; eh si,  il più grande pensatore di tutta l’antichità ha appena compiuto 2400 anni. E che fanno a Stagira, in Calcidica, dove è nato? Ne cercano la tomba e, ovviamente, la trovano!!! Ma prima non posso evitare di ricordare un episodio tragicomico verificatosi di recente. Sul ‘domenicale’ del Sole 24 ore dell’11 ottobre 2009 alla pagina 39 Maria Bettetini introduce la recensione ad un’edizione della Retorica aristotelica curata da F.Piazza con queste parole: “Francesca Piazza finalmente colloca l’opera aristotelica all’interno del pensiero del grande mediorientale, detto lo Stagirita” (sic!). Dunque per la Bettetini  Stagirita sarebbe un soprannome che verrebbe al grande filosofo dalle sue origini mediorientali.

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Da non credere; una studiosa di Aristotele che non sa che Stagirita vuol dire nato a Stagira, che non è proprio in medio Oriente, ma nella Calcidica che a quel tempo era governata da Filippo II del quale il padre del filosofo era il medico e che chiamò il nostro pensatore ad occuparsi dell’educazione del figlio, un certo Alessandro. Ma torniamo a Stagira. Dopo il Sole ora Repubblica (e non è la prima volta!) ospita l’ennesimo barrito del trombone di turno, un certo Sismanidis che si proclama archeologo (ma è uno sconosciuto,  .. tanto proclamarsi archeologo senza esserlo non è un reato, come dice il Poeta “… un Marcel diventa ogni villan che parteggiando viene”. Le bizzarrie del Sismanidis che non sono dissimili da quelle di coloro che cercano la tomba di Alarico sono oggetto di un articolo del Pais di un giornalista spagnolo di nome Jacinto Antòn che la solerte Repubblica ha pensato bene nientedimeno che pubblicare in traduzione italiana, a tal punto era imperdibile. Si, per far ridere…il guaio è che la stragrande maggioranza dei lettori non è vaccinata al punto di ridere delle fandonie sulla scoperta della  tomba dello Stagirita, ecco perché la scelta del giornale, che io leggo sin dal numero 1, è davvero discutibile, visto che la strabiliante notizia (si aspettano anche di trovare nella tomba il libro II della Poetica!!) non è messa a confronto con il parere di qualche noioso e pedante addetto ai lavori.

Emanuele Greco

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Area archeologica centrale di Roma, ecco in sintesi le risoluzioni della Commissione congiunta Stato-Comune, rese note ieri:

  • via dei Fori imperiali resta lì dov’è e diventa un’area pedonale, con una sola corsia di transito per i mezzi pubblici;
  • si torna a passeggiare liberamente al Foro romano, ripristinando una sacrosanta e illuminata decisione di Adriano La Regina;
  • accesso al Palatino anche da via dei Cerchi, trasformando l’area adiacente in hub d’accesso per i grandi gruppi turistici;
  • ripristino dell’arena del Colosseo (proposta Manacorda) e del collegamento con il Ludus Magnus.

Ora che persino gli esperti hanno detto chiaro e tondo, senza se e senza ma, cos’è meglio per la città, signor Ministro e signor Sindaco, cosa aspettate? Fate!

Con una preghiera per il Ministro: nel suo comunicato, un’altra volta, sia preciso. Nel titolo ha parlato di Fori imperiali per indicare tutta l’Area archeologica centrale, come pars pro toto, immagino. Ma perché citare ciò che non è neppure di sua pertinenza? È autogol bello e buono, signor Ministro, e l’ennesimo se mi posso permettere. Nel 2015, la prego, un buon proposito: fare più attenzione!

Ancora auguri di Buon Anno a tutti!

I Fillelleni

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Se Ignazio Marino ce la dovesse fare davvero, lo eleggeremmo miglior sindaco di Roma. In assoluto e nonostante tutto. Lui assieme al suo neoassessore ai Lavori pubblici Maurizio Pucci.

Parlo dell’idea, lanciata ieri, di vendere i sanpietrini e stendere asfalto – fresco, bello, senza buche – sulle vie della città. Se Marino la realizzasse davvero, la città tutta gliene sarebbe grata. Anche quelli che ora gridano allo scandalo, all’affronto alla tradizione, alla volgarità dell’asfalto che soppianterebbe la bellezza del sanpietrino. Anche loro cederanno, di fronte alla possibilità di circolare finalmente per strade che non maciullano gli ammortizzatori e mettono costantemente a rischio la vita dei viandanti. Oggi il sanpietrino viene mediamente posato male, si altera si sposta ed è un vero pericolo per chi ci passa sopra in auto o in moto. Era perfetto per carretti e carrozze, ma non lo è per bus e camion. Suvvia!

Altra cosa sono invece le aree pedonali dove i sanpietrini stanno benissimo. Perché allora non aumentiamo il numero di quelle aree? Perché non concediamo ai romani di passeggiare in santa pace e senza il costante timore di essere travolti, visto che i marciapiedi romani sono pochi e, quando ci sono, sono impraticabili? Chi passeggia si gode davvero i sanpietrini, mentre chi va in auto o in moto li maledice e basta. La soluzione perciò è semplice: sanpietrini e pedoni di qua, asfalto e auto di là. Vere aree pedonali e vere vie di alto scorrimento. Una città civile, insomma.

Santo Marino pensaci tu.

Con in migliori auguri filelleni per un Felicissimo 2015!

A tutti i lettori di Filelleni

i nostri più sinceri e sentiti

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         Auguri

di Buon Natale e Felice Anno nuovo

La Redazione

E’ stato una riflessione di Giuliano Volpe intervenuto a Roma alla presentazione del volume di studi e ricerche dedicati ad Adriano e la Grecia a sollecitarmi la curiosità: “Solo il 3% dei Luoghi del Cuore del FAI sono siti archeologici” ha detto con tono preoccupato il Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici; soggiungendo che, nonostante noi addetti ai lavori si sia portati a credere il contrario, i monumenti archeologici restano sostanzialmente distanti ed estranei al comune sentire e al cuore degli Italiani.

Sono andata a scartabellare…Ogni due anni il FAI (Fondo per l’Ambiente italiano) organizza un censimento dei luoghi di interesse storico-artistico più amati nel nostro Paese. Al termine, spogliate migliaia di schede, colosseo 1si provvede a redigere un elenco. Alcuni dei siti prescelti, potranno essere restaurati.

Giusto, sbagliato, fondi pubblici, interventi privati… Si tratta certo di una lodevole iniziativa che, volutamente, parte dal basso. La parola è restituita ai cittadini, valorizzazione e tutela si muovono sulla scia delle segnalazioni dalla gente. Non è più un lontano Ministero dei Beni Culturali e del Turismo che, da lontano, decide cosa, quando e come procedere con segnalazioni ed eventuali interventi conservativi e di fruizione, ma chi nel territorio ci è nato, ci vive, ci passeggia, ci spende le sue giornate a segnalare scelte e necessità.

Quarantacinque ad oggi le realtà monumentali che, “curate” dal FAI, sono state restituite alla cittadinanza: il parco ed il castello Continua a leggere »

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E’ la prima volta che il British Museum presta una delle sculture del Partenone, e lo fa per la mostra che celebra i 250 anni di vita dell’Hermitage di San Pietroburgo. La raffigurazione del fiume Ilissos dal frontone occidentale del tempio si ammirerà da domani e fino al 18 gennaio in riva alla Neva. Meglio non chiedersi le motivazioni di tale prestito epocale, anche perché basta leggere le dichiarazioni di Neil MacGregor, direttore del British Museum, per capire che si arrampica sugli specchi: parla della lunga tradizione di prestiti del Museo, e di una comunanza di ispirazione e di intenti tra il British e l’Hermitage. Dice che la scultura rappresenta l’origine degli ideali comuni a tutta l’Europa. Della serie: siamo grandi musei storici, diamoci una mano.

E aggiunge: “So, when our colleagues at the Hermitage asked if we might also make an important loan to celebrate their 250th anniversary, the Trustees immediately answered yes. And no loan could more fittingly mark the long friendship of our two houses, or the period of their founding, than a sculpture from the Parthenon“. Nulla meglio di una scultura del Partenone: ma va! Cosa c’entra, però, con l’Hermitage? Solo perché è un “important loan” entrato al Museo alla sua fondazione? E’ giustificazione debole, debolissima, specie di fronte a chi chiede quei Marmi da tempo, e per ragioni scientifiche e sociali ben più fondate.

La notizia è rimasta segreta fino a oggi, per ragioni intuibili. Ma ora cosa accadrà?

cache-cache_194d8721736f745d388d69d112de08bc_55087d02b29216910a955d11d3f1a2f1Eravamo tutti ieri a Palazzo Altemps per la presentazione del volume Adriano e la(Electa), ma non sapevamo che, oltre a bei discorsi, avremmo anche ammirato immagini di strabilianti novità. Perché l’estate scorsa a Villa Adriana, proprio mentre era in corso la mostra di cui il volume presentato ieri è il contributo specialistico, sono venute alla luce statue che più “greche” non si può.

Copie romane, certo, anzi adrianee, ma di grandi originali greci in bronzo come il Doriforo di Policleto: delle gambe, un busto, e una testa superba, veramente raffinata, con ciocche di capelli elaboratissime, e i denti che s’intravedono tra le labbra socchiuse. Insomma un capolavoro. E poi una statua di Horus, il dio-falco egiziano, alta circa un metro e mezzo e analoga a quella, più piccola, trovata nel santuario degli dei egizi di Maratona (che l’estate scorsa era proprio in mostra), a rimarcare gli aspetti egittizzanti già riscontrati in passato nel medesimo luogo. Romani in tutto e per tutto sono invece un frammento di statua di personaggio con armatura, forse un imperatore, una gamba di tavolo con testa di leone, una base di statua con ariete. Ma sono emersi anche capitelli raffinatissimi, frammenti architettonici ancor più belli, e tanti supporti di statue a indicare che ce n’erano parecchie.

cache-cache_194d8721736f745d388d69d112de08bc_f0a9a395823e0cad0ab071f9352f31a5Lo scavo in questione è quello della cosiddetta Palestra (così denominata nel Cinquecento da Pirro Ligorio), ripreso proprio l’estate scorsa grazie a un finanziamento Arcus di un milione di euro. Già negli anni passati (2005-2007) erano venuti alla luce gli ambienti multiformi di un complesso edilizio molto elaborato: una grande aula cinta da un doppio portico; un cortile porticato; un giardino pensile sostenuto da varie camere a volta; e quell’edificio a colonne preceduto da un’alta scalinata marmorea che al responsabile dello scavo Zaccaria Mari ha subito suggerito un tempio in onore di Iside, vista la sfinge trovata alla sua base, i numerosi decori egittizzanti, e le statue di sacerdoti isiaci rinvenute nello stesso luogo nel Cinquecento. È dunque un complesso del tutto in linea con le altre bellezze della Villa, una costruzione veramente “imperiale” abbellita anche da molte fontane alimentate addirittura da un acquedotto dedicato.

Lo scavo di quest’anno ha portato alla luce altre stanze dell’edificio “isiaco” con bei pavimenti in opus sectile, e poi, negli ambienti a ridosso del giardino pensile, nell’interro di Cinque-Seicento, questa enorme ricchezza di statue e decori. Splendori e meraviglie. Ma i lavori non sono affatto terminati e, come ha rimarca la Soprintendente archeologo per il Lazio Elena Calandra, “potremo aspettarci ulteriori sorprese”.

Lo scavo e le statue da poco scoperte si potranno ammirare il 7 dicembre prossimo in occasione della Giornata nazionale dell’archeologia.

Ci siamo finora astenuti dal commentare gli spettacolari rinvenimenti di Anfipoli (Macedonia orientale), ma adesso, dopo che da Fig, 1mesi un’intera nazione sta con il fiato sospeso ed attende la prosecuzione degli scavi con la stessa ansia con la quale, in genere, si aspetta il risultato della partita di calcio della squadra del cuore, è tempo di dire qualcosa.

Proviamo innanzi tutto a riassumere le puntate precedenti. E’ stato detto e scritto di tutto, di più. Se ne deduce che l’archeologia (questa Cenerentola del mondo accademico), in realtà, è ancora assolutamente capace di catturare, anche per mesi, l’attenzione dei media. E non solo dei media fig. 2di una piccola nazione come la Grecia, perché le notizie sui rinvenimenti di Anfipoli sono rimbalzate sui quotidiani e sulle televisioni di tutto il mondo. Se ne deduce altresì che la buona vecchia etica professionale, quella che vorrebbe che prima di parlare, di rilasciare interviste, di lanciarsi in ipotesi bizzarre ancorché infondate, l’archeologo abbia studiato, abbia letto, abbia fatto riscontri bibliografici, sta a zero.

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